• Consiglio Direttivo

    Parole straniere in un testo italiano: che dosi usare?

    Nuovo invito per i lettori - e gli scrittori - della sezione.

    Parliamo, se volete, del rapporto che in un testo si stabilisce tra la lingua madre in cui è redatto il brano e l'eventuale presenza di parole straniere - magari correlate all'area semantica in cui si situano i contenuti proposti.

    La questione è valida in ogni ambito: se si parla di Informatica, arriva subito una valanga di parole inglesi; se si discute di Filosofia, il Tedesco salta fuori da ogni angolo; la Filologia non può escludere il Latino o il Greco; la diplomazia esige il Francese e via dicendo.

    A tutto, però, c'è un limite: esiste infatti sempre una soglia (di volta in volta variabile) nel numero di parole straniere che un testo può "reggere" ed "assorbire"; un livello massimo di sopportazione che ha a che fare, naturalmente, con la comprensibilità del testo medesimo.

    Una volta passato quel limite, il brano perde il suo connotato linguistico originario e si trasforma in un mediocre esempio di "macedonia" da Torre di Babele senza più identità, troppo spesso incomprensibile, con una finta patina di alta cultura.

    Dove si posiziona secondo voi quel limite? Quanto cambia in funzione dell'argomento di cui si parla e del contesto in cui è situato?

    Fino a che punto i forestierismi e i barbarismi (vale anche con le parole dialettali) sono delle "decorazioni" colorite o tecnicamente necessarie e quando invece diventano imbarazzanti, inutili, dannosi?

    E poi: se le voci esotiche sono troppe, non ottengono un effetto contrario a quello sperato? Invece di essere segno di competenza tecnica, non possono dare solo l'idea che chi scrive ha un lessico troppo povero e non conosce l'Italiano?

    Vale però anche il viceversa: se in un testo che parla di computer ci si ostina a scrivere "elaboratore", "cervello elettronico", "simulatore" o "calcolatore", il motore di ricerca non finirà con il penalizzare la scelta di non scrivere mai il termine più corretto, "computer"?

    Anche il purismo linguistico esige un prezzo, però sarebbe interessante capire di che cifra stiamo parlando: quanto ci danneggia, nel mondo del "globish", inseguire la Crusca e rifiutare ogni influenza straniera?

    Ogni opinione è la benvenuta. 🙂


  • Super User

    Una volta passato quel limite, il brano perde il suo connotato linguistico originario e si trasforma in un mediocre esempio di "macedonia" da Torre di Babele senza più identità, troppo spesso incomprensibile, con una finta patina di alta cultura.

    Dove si posiziona secondo voi quel limite? Quanto cambia in funzione dell'argomento di cui si parla e del contesto in cui è situato?Argomento interessantissimo, grazie Leonov. 🙂

    Credo che possiamo vedere questo aspetto da almeno due punti di vista;

    • quello letterario, che mal sopporta l'uso sistematico e ridondante di termini inglesi, spesso solo finalizzati al tentativo di aggiungere spessore o professionalità a testi o relazioni che non ne hanno.

    • quello SEO, fino a che punto cioè la* macedonia *linguistica viene interpretata e seguita dai motori di ricerca.
      Ed è quello che maggiormente ci interessa.

    Vediamo alcuni esempi. 🙂

    **Servizi per start-up e spin-off aziendali in settori high-tech
    ** Il know-how e le best practises del Bioindustry Park del Canavese nell?ambito del technology transfer, del training, e come bioincubatore, serviranno quindi ... il matching tra imprese biotech italiane.A parte l'errore di battitura (practises -> practices) trattandosi di un Comunicato Stampa, Google sembra offrire visibilità alla frase presente in importanti notiziari sia cercando nel web che nelle pagine in italiano.

    Sarebbe interessante verificare quale peso il motore potrebbe attribuire allo stesso messaggio inserito in una pagina di un sito normale e non di News.
    Difatti il comunicato non è presente nel sito ufficiale della ditta in questione (.bioindustrypark.eu).

    Qualcuno ha altri esempi?


  • Consiglio Direttivo

    @Andrez said:

    Credo che possiamo vedere questo aspetto da almeno due punti di vista;

    • quello letterario, che mal sopporta l'uso sistematico e ridondante di termini inglesi, spesso solo finalizzati al tentativo di aggiungere spessore o professionalità a testi o relazioni che non ne hanno.

    • quello SEO, fino a che punto cioè la* macedonia *linguistica viene interpretata e seguita dai motori di ricerca.
      Ed è quello che maggiormente ci interessa.

    Solo una breve postilla all'ottimo esempio qui proposto: è ovviamente incontestabile la scelta del motore di ricerca di "premiare" questo brano - che chiamare "macedonia" forse è dire poco, vista la densità preoccupante di termini stranieri - anche in ragione dell'accoppiata vincente "testo ottimizzato per chiavi naturali + contesto di sito di notizie aggiornate".

    Mi auguro tuttavia che la frase sia piaciuta e soprattutto sia risultata chiara e comprensibile ai lettori umani tanto quanto è stata apprezzata da google.

    (Cosa su cui, forse cinicamente, mi permetto di nutrire forti dubbi.)

    Se ad esempio gli stessi autori avessero scritto:

    Il bagaglio di conoscenze specifiche e l'esperienza nell'ottimizzazione delle operazioni del Bioindustry Park del Canavese nell?ambito del trasferimento di tecnologie, della formazione di personale, e come bioincubatore, serviranno quindi ... l'interazione felice tra industrie italiane del settore bio-tecnologico.

    quale sarebbe stato l'esito? Sarebbe stato peggiore? E di quanto? E se invece fosse stato così?

    Il know-how e l'esperienza nell'ottimizzazione delle operazioni del Bioindustry Park del Canavese nell?ambito del trasferimento di tecnologie, del training, e come bioincubatore, serviranno quindi ... l'interazione felice tra industrie italiane del settore biotech.

    Una mezza misura, sopportabile letterariamente e appetibile per certe parole davvero significative (training, biotech) ad un tempo ben comprese quasi da tutti.

    Forse - sottolineo forse - i bot avrebbero potuto trovare le proposizioni un po' più indigeste, ma quanto sarebbe stato premiato il sito in termini di visite e accessi da parte di persone che finalmente capivano di che si stava parlando?

    Non vorrei che, per inseguire i (supposti) "gusti letterari" dei bot, dei crawler e degli spider, si finisse col perdere i lettori umani.


  • Moderatore

    Tutto vero e interessante. 🙂

    E' anche vero che gli stessi utenti che scrivono sulla baretta di ricerca sono 'contaminati' dalla babele linguistica.

    Probabilmente la versione 'letterariamente' migliore - come quella proposta da Leonov - sarebbe premiata dai bot (che tanto fessi non sono, e preferiscono la penna raffinata di Leonov a quella populista e raffazzonata di molti comunicati...) e sicuramente più gradita dai lettori.

    Però, e anche questo è il problema, la ricerca per stringhe di testo e... un pubblico di googlers così tanto abituato alla ricerca del tecnicismo anglofono... possono far supporre una maggior quantità di ricerche indirizzate verso le 'parolacce', mentre minore 'richiesta' hanno sicuramente le parole più sopraffini.

    Purtroppo molta più gente cerca il cosìddetto 'know how', senza curarsi di avere il sufficiente 'bagaglio di conoscenze' per interpretare il significato di quello che sta realmente cercando.

    😞

    Prima ancora che nella penna di chi scrive - temo - il 'basso' e il 'profano' è anche nell'occhio (nel barretta di ricerca) di chi legge - cerca - bazzica sugli indci di Google (e degli altri cugini).


  • Consiglio Direttivo

    Osservazione corretta, WWW, molto precisa e condivisibile.

    Chiedo però, di rimbalzo: non esistono metodi per avere sia l'uovo oggi che la gallina domani?

    Mi spiego: in un sito/portale/pagina/forum esistono molti spazi distinti: quelli per contenuti visibili (come un intervento in un blog) e quelli per contenuti "invisibili" (tag, title, description, ancore e link assortiti).

    Non si potrebbe cercare di suddividere al massimo - sempre ispirandosi a principi di ragionevole equilibrio lessicale - i tecnicismi anglofoni e le espressioni chiare in Italiano?

    Creando testi di buon livello, "decorati" senza essere "infarciti" di parole straniere, si potrebbe strizzare l'occhio ai crawler che vanno alla caccia della qualità, mentre lavorando sulla mole di dati non visibili agli utenti umani si potrebbe invertire la proporzione ed attirare gli spider.

    L'utente cerca la stringa di testo "gergale", viene dirottato sulla pagina grazie ad ancore e tag, ma poi atterra in un ambiente linguisticamente "user friendly" che non lo disorienta e anzi lo accompagna.

    È fattibile una cosa del genere, almeno in teoria?

    [Certo, immagino che il dosaggio delle parole diverrebbe un fattore essenziale (anche se penso già lo sia), onde evitare che troppo contenuto nascosto sia interpretato male e porti a penalizzazioni.]

    Occorrerebbe un esempio, ma stavolta con il codice, così da vedere sia ciò che è visibile, sia ciò che è invisibile agli occhi degli utenti.