• User

    Interpello Adsense

    Ho trovato su un altro forum la risposta dell'Agenzia delle Entrate ad un interpello relativo alla tassazione dei compensi di Google Adsense.
    Potete vedere la risposta direttamente su quest'altro forum:
    alverde.net/forum/fisco-tasse-e-leggi/107607-interpello-adsense.html

    La domanda a mio parere è stata ben posta e la risposta dell'Agenzia delle Entrate è molto interessante.
    La riporto:

    QUESITO

    L'istante sta realizzando e gestendo come webmaster un sito web in cui intende
    inserire i cosiddetti "Adsense Google". A tale scopo, fa presente che:
    "Adsense è un programma di affiliazione di Google (società con sede in Irlanda) che si
    svolge in questo modo: il titolare o gestore del sito (webmaster) mette a disposizione
    della società Google alcuni spazi del proprio sito web. Google in questi spazi può
    inserire banner pubblicitari che sono, quindi, visibili a tutti i visitatori del sito. Il numero e il contenuto dei banner è stabilito unicamente da Google ed anche i rapporti con gli inserzionisti sono intrattenuti esclusivamente da Google. In cambio della messa a disposizione dello spazio sul sito web, Google si impegna a pagare al webmaster una cifra (stabilita unilateralmente da Google e che è, in media, di alcuni centesimi di
    euro) per ogni click che i visitatori del sito effettuano sui banner. (...) Google, a sua discrezione, può anche non utilizzare gli spazi messi a disposizione oppure utilizzarli solo per banner che non comportino guadagni al webmaster".
    Tanto premesso, l'interpellante chiede come debbano essere tassati, ai fini IRPEF, i proventi della propria attività.

    SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

    Il contribuente, che sostiene di limitarsi a "permettere alla società Google di utilizzare, a suo esclusivo piacimento, alcuni spazi del sito web che gestisce (...)", ritiene che la propria attività consista nell'assunzione di un obbligo di "fare, non fare o permettere", e che, quindi, gli eventuali proventi rientrino tra i redditi diversi di cui agli articoli 67 e seguenti del DPR 917/86.

    PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

    In merito a quanto richiesto, si ritiene che, per poter rispondere adeguatamente al quesito, sia necessario "in primis" considerare la nozione di imprenditore dal punto di vista fiscale. A tal proposito, si evidenzia che, ai sensi dell'art. 55, comma 1, del TUIR (DPR 917/86), sono considerati redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'art. 2195 del
    codice civile; il comma 2, lettera a), della norma tributaria in commento definisce altresì redditi d'impresa "i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.".
    Tale disposizione richiama alla memoria l'art. 2082 del codice civile, secondo il quale "è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". Dal contesto normativo in esame si arguisce che, anche laddove non sia richiesto specificatamente l'elemento dell'organizzazione in forma d'impresa (cfr. art. 55, comma 1, TUIR ), da intendersi come impiego coordinato dei fattori produttivi (capitale e lavoro propri e/o altrui), è
    necessario, per poter individuare la figura dell'imprenditore, che sussistano i requisiti della professionalità e dell'abitualità. Più in generale, tali caratteristiche risultano indefettibili per inquadrare una determinata attività tra quelle produttrici di reddito d'impresa o di lavoro autonomo: la distinzione tra i due diversi ambiti sarà poi determinata a seconda che prevalga il capitale investito piuttosto che il lavoro svolto personalmente dal lavoratore. Al riguardo, può essere opportuno osservare quanto
    asserito dall'Agenzia delle Entrate, che, nell'Appendice al Modello Unico 2009 (Persone Fisiche, fascicolo 2), pur se in relazione all' "Esercizio di arti e professioni", esprime un concetto valevole anche per l'attività d'impresa quando afferma: "(...) Il requisito della professionalità sussiste quando il soggetto pone in essere una molteplicità di atti coordinati e finalizzati verso un identico scopo con regolarità, stabilità e sistematicità. L'abitualità si diversifica dalla occasionalità in quanto quest'ultima implica attività episodiche, saltuarie e comunque non programmate (...)".
    Ora, nel caso specifico, se è vero che l'istante non ha rapporti diretti con gli inserzionisti e, di conseguenza, non stabilisce il costo della pubblicità, è altresì innegabile che effettui una prestazione di servizio nel momento in cui "mette a disposizione della società Google alcuni spazi del proprio sito web". In tal senso, è utile rammentare che già l'art. 11, par. 2, lett. f) del Regolamento CE n. 1777/2005 (recante disposizioni di applicazione della direttiva 77/388/CEE) individuava, seppure ai fini IVA, come servizi di commercio elettronico quelli compresi nell'allegato I al Regolamento stesso , fra i quali veniva inclusa [al punto 3, lett. h)], la "fornitura di spazio pubblicitario, compresi banner pubblicitari su una pagina o un sito web". Alla luce delle considerazioni svolte, occorrerà pertanto fare riferimento non solo al numero delle operazioni svolte in un certo lasso di tempo ma anche al valore e alle modalità di effettuazione delle operazioni stesse: il tutto allo scopo di valutare l'esistenza o meno del carattere dell'abitualità anziché della saltuarietà. Solo in seguito a questa analisi, che non compete all'Agenzia delle Entrate in materia di interpello,
    essendo precluso alla stessa ogni genere di accertamento tecnico (cfr. art. 1, comma 1, ultimo periodo, DM 209/20011), il contribuente potrà qualificare la natura del proprio reddito e, conseguentemente, considerare i proventi quali corrispettivi di un'attività d'impresa ovvero alla stregua di redditi diversi di cui all'art. 67 DPR 917/86: in tale ultima ipotesi, sarebbe irrilevante, ai fini del trattamento fiscale, la riconducibilità dei compensi nell'ambito della lettera i) ["redditi derivanti da attività commerciali non
    esercitate abitualmente"] o l) ["redditi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere"] dell'articolo di legge.

    NOTA.- Che ve ne pare? Molto diverso da chi dava per scontato che anche un blog, con Adsense, aggiornato occasionalmente dovesse essere impresa.
    Molto diverso da chi affermava che basta avere un pc, una connessione, e un blog adsense per fare l'abituabilità e quindi l'impresa.
    Inoltre, credo, che andando ancora più in profondità ci siano molte variazioni sul tema da sviscerare.


  • User

    Interessante anche se lascia aperto il tema su dove si ponga il confine fra attività di impresa e non.

    Quello che sembra trasparire è che per un blog non professionale (i classici blog hobbystici diciamo) i redditi di adsense (ma non solo quelli, per questo forse avrai postato nella sezione fiscale) possano essere messi in dichiarazione irpef come redditi diversi. In tal caso, per lo meno se dichiarati in lettera l, penso non occorra l'apertura di partita iva.


  • User

    Non corriamo. Definire un blog professionale o non professionale è molto difficile. Quindi nella definzione rientrano in molti.
    Lo stesso dicasi per i siti in senso stretto.


  • A me sembra che non ci sia nulla di nuovo, invece.
    L'AdE si è limitata a dire che non spetta a lei dare una valutazione tecnica (in ambito di interpello) caso per caso, ma al contribuente, ha però messo in chiaro quello che si dice da tempo: che è tutt'altro che scontato il fatto che si possa curare uno o più siti mettendo tutto tra i redditi diversi... io tra le righe ci leggo più il contrario (attività d'impresa).


  • User

    Per me il seguente passo vale più di ogni altra premessa al problema.

    "...il tutto allo scopo di valutare l'esistenza o meno del carattere dell'abitualità anziché della saltuarietà. Solo in seguito a questa analisi, che non compete all'Agenzia delle Entrate in materia di interpello, essendo precluso alla stessa ogni genere di accertamento tecnico (cfr. art. 1, comma 1, ultimo periodo, DM 209/20011), il contribuente potrà qualificare la natura del proprio reddito e, conseguentemente, considerare i proventi quali corrispettivi di un'attività d'impresa ovvero alla stregua di redditi diversi di cui all'art. 67 DPR 917/86: in tale ultima ipotesi, sarebbe irrilevante, ai fini del trattamento fiscale, la riconducibilità dei compensi nell'ambito della lettera i) ["redditi derivanti da attività commerciali non
    esercitate abitualmente"] o l) ["redditi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere"] dell'articolo di legge. "

    Inoltre vorrei ricordare che addirittura chi guadagna fino a 4800 euro annui a condizione che tra i redditi ve ne sia uno assimilato a quelli di lavoro dipendente per i quali la detrazione prevista non è rapportata al periodo di lavoro, non deve fare nemmeno la dichiarazione. Un esempio: compensi per collaborazioni occasionali pagati con ritenuta d'acconto.

    Mi chiedo i webmaster che utilizzano le una pop under in che condizione sono? Sul sito non vi sono visibili link e quant'altro ma il codice è presente, la pop under quando si apre si trova su spazio dell'agenzia che fornisce il codice con le pubblicità e non sul sito del webmaster. Allora questa forma rientra o non rientra nell'attività d'impresa?
    E se metto una pubblcità in pay per sale? Ora si guadagna solo se si vende, e dunque è un'attività di procacciatore d'affari bella e buona. Ipotizzando di vendere meno di 30 articoli per azienda, come dobbiamo essere inquadrati?

    Insomma la cosa è ben complicata e sarebbe opportuno un'analisi dettagliata fatta da un comitato di esperti.
    O più semplicemente, e d'un colpo, basterebbe dire che chi guadagna fino a 4800 o 5000 euro all'anno ha la facoltà di dichiarare in redditi diversi, qualunque sia il tipo di reddito.


  • User

    Propongo due idee per gestire Adsense.

    1. Si costruisce un sito accessibile solo dalla homepage, ogni pagina deve essere protetta e rimandare alla homepage, previa iscrizione come socio del sito che si occupa prevalntemente di far conoscere le bellezze naturali, ad esempio, di una dato posto. Il sito è accessibile gratis, l'iscrizione come socio non ha costi, ma si accetta solo di ricevere una email informativa sulle attività online del sito ogni mese.
      In tal modo, io credo che l'inserimento di banner (Adsense), non troppi e solo al massimo due o tre per pagina, non risulti né commerciale né sottoposta ad attività d'impresa.

    2. Chi ha un sito con banner adsense ma ricavi non tanto alti da giustificare l'attività d'impresa, può anche rivolgersi a qualche "amico" con attività d'impresa e fittargli il sito e richiedendo di ricevere un compenso occasionale per la gestione del sito due o tre volte l'anno.
      In tal modo i proventi Adsense, sono del vostro amico, ma vi viene pagato il canone di locazione (contratto annuale rinnovabile di volta in volta) del sito e i compensi per gli aggiornamenti occasionali.
      I vostri guadagnati saranno dichiarati regolarmente e il vostro amico potrà portarsi in deduzione il canone di locazione e i compensi che vi dà.

    Io credo che le idee siano buone, tocca poi ai commercialisti darà il ritocco finale: scelta della giusta attività dell'amico in relazione al sito, ecc.