• Super User

    Digital Detox, tre studenti documentano la loro esperienza di disintossicazione.

    Un altro esperimento interessante, sempre in terra americana, riportato nella sezione Tecnologia di Repubblica (24.10.09):

    Andrew, Caitlin e Chel, tre studenti del college americano di Carleton che per tre settimane hanno abbandonato mouse, connessione e computer per sperimentare il "digital detox". Disintossicazione da digitale appunto: ventuno giorni lontano da motori di ricerca, social network, mail e materiali online, che si sono trasformati - sotto la direzione di una giovane regista americana - nel documentario Disconnected. Lo scopo è quello di mostrare quanto la tecnologia abbia pervaso la vita dei più giovani fino a trasformarne i rapporti sociali e le interazioni umane....

    ... Una riflessione, quella di Disconnected, che porta come chiosa le parole di Chel: "Non c'è punto di ritorno. Il ruolo dei computer nella nostra società va avanti come un rullo compressore. Puoi resistere, tenerti fuori per un po'. Ma alla fine continuerà ad andare avanti con o senza di te"

    Come spiegano bene articolo e anteprima video, questi ragazzi non sanno come si fa, come si può, come si dialoga senza l'ausilio di un qualche mezzo digitale. Non conoscono ne gli spazi ne i tempi del mondo reale ...

    Un altro esempio di quanto sia fondamentale la trasmissione -da parte di un genitore- di un sano equilibrio, anche nei confronti della tecnologia, fin dai primissimi anni di vita (?).

    Esistono ormai cliniche e protocolli terapeutici per disintossicarsi dalla tecnologia come da qualsiasi altra droga ...
    Senza voler offendere nessuno, ne tantomeno giudicare ... il problema (a mio parere) non è infatti con cosa ci si droga ma quanto si è disposti ad essere dipendenti e a creare negli altri dipendenze.


  • Consiglio Direttivo

    @cherryblossom said:

    Come spiegano bene articolo e anteprima video, questi ragazzi non sanno come si fa, come si può, come si dialoga senza l'ausilio di un qualche mezzo digitale. Non conoscono ne gli spazi ne i tempi del mondo reale ...

    Esistono ormai cliniche e protocolli terapeutici per disintossicarsi dalla tecnologia come da qualsiasi altra droga ...

    Un piccolo appunto.

    Quando leggo questo tipo di notizie, mi vien subito da pensare: "Ok, si disintossicano dal computer. E perché non anche dalla tv, dal telefono, dalla radio, dalla luce elettrica?"

    In fondo, anche quelli sono strumenti tecnologici che possono diventare "droghe": telefonino sempre acceso con cartucciera di sms pronti, tv in perenne sottofondo, radio che viene accesa ogni volta che si entra in macchina...

    (Ok, forse la luce elettrica non è una droga, però se ci pensiamo un attimo non è normale illuminare a giorno le città anche quando è calato il Sole. Posso capire illuminare un campo operatorio durante un intervento chirurgico, o una miniera, o un tratto di fossa oceanica, o gli angoli ciechi di una casa, ma perché ostinarsi ad avere la luce ovunque anche dopo il tramonto e prima dell'alba? Siamo forse "drogati da illuminazione"? Un contadino dell'Africa che vive con la luce elettrica razionata, secondo me, direbbe di sì, che siamo malati ed abbiamo il terrore di restare al buio...)

    Iniziamo da un fatto incontrovertibile: il computer è parte integrante della nostra vita; dal momento poi che esso è uno strumento multi-funzione, è naturale che tenda a diventare una piovra onnipresente.

    Di una penna possiamo fare a meno quando non scriviamo, di un telefono quando non comunichiamo, di un'auto quando non ci spostiamo, di una chitarra quando non suoniamo.

    Se però un computer fa tutto, ne avremo bisogno sempre. È logico.

    E non è "colpa" del computer, che cerca all'opposto di ottimizzare i tempi concentrando le cose; la colpa non è mai dell'oggetto in sé, ma sempre di chi lo usa - o ne abusa.

    Se i ragazzi non sono più in grado di sostenere lo sguardo dell'altro o mettersi in relazione con persone in carne ed ossa, è facile pensare che tutto sia imputabile al fatto che hanno sempre chattato invece di uscire. Facile, ma sbagliato.

    Occorre chiedersi, al contrario "Perché chattavano invece di uscire?"; il problema è lì, a monte.

    Ben venga dunque l'insegnamento equilibrato da parte di genitori, docenti ed educatori all'uso consapevole degli strumenti tecnologici, ma non possiamo pensare ad una forma di "disintossicazione totale" a svantaggio di uno strumento che ci ha appunto cambiato la vita, ma non ha avuto un impatto così diverso da quello che hanno avuto elettricità, radio, tv e telefono.

    Che ne pensate?


  • Super User

    @Leonov said:

    Un piccolo appunto.

    Quando leggo questo tipo di notizie, mi vien subito da pensare: "Ok, si disintossicano dal computer. E perché non anche dalla tv, dal telefono, dalla radio, dalla luce elettrica?"

    In fondo, anche quelli sono strumenti tecnologici che possono diventare "droghe": telefonino sempre acceso con cartucciera di sms pronti, tv in perenne sottofondo, radio che viene accesa ogni volta che si entra in macchina...

    (Ok, forse la luce elettrica non è una droga, però se ci pensiamo un attimo non è normale illuminare a giorno le città anche quando è calato il Sole. Posso capire illuminare un campo operatorio durante un intervento chirurgico, o una miniera, o un tratto di fossa oceanica, o gli angoli ciechi di una casa, ma perché ostinarsi ad avere la luce ovunque anche dopo il tramonto e prima dell'alba? Siamo forse "drogati da illuminazione"? Un contadino dell'Africa che vive con la luce elettrica razionata, secondo me, direbbe di sì, che siamo malati ed abbiamo il terrore di restare al buio...)

    :sun: Ciao Leonov,
    sono completamente daccordo, soprattutto sull'illuminare le cause e non le case quando non serve (perdona la battutina).
    Non sprecare l'acqua, non buttare il cibo, non riscaldare l'ambiente fino a temperature caraibiche, non dipendere da un telefonino o dalla tv, preferire passeggiate e tempi lunghi a mezzi veloci e visite lampo, ascoltare, offrire alternative, cucinare cibi sani, farli collaborare alle varie preparazioni, farli partecipare -diversamente a seconda dell'età- a dei piccoli e semplici compitini ... sono tutti esempi di messaggi non verbali, perfettamente efficaci se vissuti quotidianamente in prima persona e quindi trasmessi. Ed aggiungo, molto più efficaci se svolti in allegria insieme e magari trasformando il tutto in qualcosa di coinvolgente.

    Il problema è che i genitori fanno parte (me compresa) di una generazione ed un'era di pigri consumisti. Io stessa, non lo nascondo, ho avuto bisogno della spinta emotiva di mio figlio per assumermi la responsabilità di parecchie cose prima ignorate o quanto meno mai approfondite.
    Ecco perchè un genitore o chi ne fa le veci deve essere tanto presente, ne sono sempre più convinta. I primi anni sono fondamentali per tutti, sono anni di presa di coscienza e di crescita comune, in cui si gettano le basi ...

    E invece ... continuano a sconvolgermi notizia come questa: Tuo figlio non è un genio? E la Disney ti rimborsa...
    Dove il problema -non è tanto nel fatto che non so quanti genitori hanno sprecato soldi per un giochino che non poteva realizzare quanto promesso in pubblicità- ma nell'esistenza e nel numero così consistente di genitori di questo tipo o che -comunque- sono portati dalla vita, dalla società e dal contorno, a rispondere in questo modo alla paura:

    La linea Baby Einstein aveva fatto breccia sfruttando l'ansia competitiva che assedia i genitori di oggi: come assicurare un vantaggio ai propri figli fin dalla più tenera età, per prepararli alla corsa a ostacoli sul mercato, alla selezione spietata dei talenti.

    Il colpo di grazia lo ha sferrato uno studio della Washington University. Per ogni ora trascorsa a guardare quei video "educational", gli esperti hanno misurato che un bambino fra 8 e 16 mesi anziché diventare un futuro Einstein accumula ritardi. Apprende dalle sei alle otto parole in meno, rispetto alla media dei suoi coetanei. La parola-chiave per spiegare un risultato così disastroso è "passività". I genitori si mettono la coscienza a posto piazzando il pupo davanti al gadget elettronico, lo abbandonano alla mercè di un mezzo digitale, e riducono il loro contatto col bambino.

    :bho:


  • User Attivo

    @cherryblossom said:

    Un altro esperimento interessante, sempre in terra americana, riportato nella sezione Tecnologia di Repubblica (24.10.09):

    Come spiegano bene articolo e anteprima video, questi ragazzi non sanno come si fa, come si può, come si dialoga senza l'ausilio di un qualche mezzo digitale. Non conoscono ne gli spazi ne i tempi del mondo reale ...

    Esistono ormai cliniche e protocolli terapeutici per disintossicarsi dalla tecnologia come da qualsiasi altra droga ...

    Disintossicarsi dalla tecnologia è togliersi qualcosa di acquisito è come se andando indietro nel tempo fossimo d'accordo con Platone il quale parlava male della scrittura rimembrando il buon tempo della cultura orale.

    Il computer è uno strumento che ci permette d'immagazzinare grosse quantità d'informazioni, è l'estensione della nostra memoria e quindi delle nostre capacità di calcolo per quanto è potente il nostro hard disk, ma la vera rivoluzione è la rete che estende la nostra memoria e le nostre capacità di calcolo a tutti i computer interconnessi e che attraverso la simulazione e l'interazione sta modificando le nostre strutture di pensiero, i nostri metodi di cognizione. (la tecnologia viene scoperta od inventata a fronte di un bisogno umano, ma poi con le sue potenzialità modifica l'uomo).:o

    "Appena 20 - 25 anni fa, la gente si stava appena abituando all'idea che il computer potesse proiettare ed estendere l'intelletto della persona. Oggi si va affermando il concetto che il computer sia in grado di estenderne la fisicità. Dal computer logico siamo passati al computer bio-logico. Infatti, la tradizionale distanza tra macchine e persone è diventata più difficile da mantenere, perché gli esseri umani diventano sempre più interconnessi con la tecnologia ed è quindi sempre più difficile stabilire nettamente che cosa sia umano da che cosa non lo sia".[S.Turkle]

    Il problema di ogni nuova tecnologia è che per ciò che acquisisci, c'è qualcosa che perdi, (p.e.: il brigadiere Cacciapuoti -fiction Maresciallo Rocca - ha una memoria notevolissima, ma il suo collega più giovane con pochi clic ottiene lo stesso risultato e quindi può dedicarsi ad altro).

    Cerco di entrare nel problema se io sfrutto la rete per un tipo di relazioni (chat) più anonime, acquisisco in spigliatezza evitando i classici problemi di timidezza, ho quindi una relazione di pensieri facilitata,:) ma essendo noi umani dotati anche di un corpo, abbiamo bisogno di relazioni sensoriali - fisiche (vedere, sentire, odorare, toccare in diretta), per questo bisogno la rete non è adatta:x, al più può essere preparatoria.

    E allora disintossichiamoci dagli usi errati della tecnologia, evidenziando pedagogicamente gli usi migliori e orientando le tecnologie (scoperte/invenzioni) ai nostri bisogni umani:sun:.

    ciao:ciauz:
    marlomb


  • Super User

    @marlomb said:

    E allora disintossichiamoci dagli usi errati della tecnologia, evidenziando pedagogicamente gli usi migliori e orientando le tecnologie (scoperte/invenzioni) ai nostri bisogni umani:sun:.

    ciao:ciauz:
    marlomb

    Ciao Marlomb, aggiorno segnalando quest'articolo: Al Gemelli di Roma un servizio per curare la dipendenza dal web

    **«Si distinguono 5 sottotipi **di dipendenti da internet - spiega lo psichiatra Tonioni -: il cyber-sexual addiction (sesso virtuale e pornografia), il cyber-relational addiction (social network), il net-compulsion (gioco d?azzardo, shopping e commercio on-line), l?information overload (ricerca ossessiva di informazioni) e il computer addiction (coinvolgimento eccessivo in giochi »virtuali« o »di ruolo«).

    :ciauz:


  • User Attivo

    **«Si distinguono 5 sottotipi **di dipendenti da internet - spiega lo psichiatra Tonioni -: il cyber-sexual addiction (sesso virtuale e pornografia), il cyber-relational addiction (social network), il net-compulsion (gioco d?azzardo, shopping e commercio on-line), l?information overload (ricerca ossessiva di informazioni) e il computer addiction (coinvolgimento eccessivo in giochi »virtuali« o »di ruolo«).

    Provo a guardare i due lati della medaglia!

    Lato negativo

    • cyber-sexual addiction - sesso finalizzato solo al piacere personale con esclusione dell'altro

    • cyber-relational addiction - relazioni sociali al coperto senza incontri rivelatori dell'aspetto fisico e della personalità in campo aperto

    • net-compulsion - spesa al di là delle proprie disponibilità per soddisfare un consumo istantaneo

    • *information overload - *accumulo d'informazioni in maniera reticolare senza raggiungere la definizione di un'azione

    • computer addiction - simulazione eccessiva di una realtà che potrebbe rivelarsi differente.
      Lato positivo

    • cyber-sexual addiction - scoperta di zone erogene

    • cyber-relational addiction - superamento di problemi caratteriali, quali timidezza e apertura all'altro di nostri pensieri profondi

    • net-compulsion - competitività e ricerca della vittoria per il gioco d'azzardo; raggiungimento facilitato dell'oggetto necessario per il commercio online

    • information overload - acquisizione d'informazioni per la definizione di un nuovo pensiero/azione (attualmente in rete sono le più libere)

    • computer addiction - simulazione della realtà per poi applicarla.
      Da quale lato cade la nostra moneta?:?

    Forse rimane in piedi:p!

    ciao:ciauz:
    marlomb


  • Consiglio Direttivo

    @marlomb said:

    Provo a guardare i due lati della medaglia!

    Da quale lato cade la nostra moneta?:?

    Forse rimane in piedi :p!

    :surprised:

    Un punto vista molto interessante: pur non essendo un fanatico della tecnologia o un bacchettone, non avevo mai considerato a fondo certi vantaggi derivanti dall'interazione continua con il computer.

    Aggiungo un'altra cosa: si afferma comunemente che lasciare i ragazzi molto tempo alla consolle per videogiochi in qualche misura li "instupidisca" (un concetto generico che dice tutto e niente, ma credo si riferisca sostanzialmente al fatto che secondo alcuni i giochi per computer ottundano la mente).

    Potrebbe essere vero - di certo il tempo impiegato per finire una partita a qualche complicato spara-tutto è sottratto alla vita all'aria aperta o allo sport e dà una visione un po' cinica e violenta del mondo - però è un fatto che questi giochi così articolati acuiscano la reattività e sollecitino in modo impressionante la coordinazione oculo-manuale, forse più di quanto possa fare una lezione di basket o di tennis.

    Per il resto concordo con Marlomb: dalla tecnologia si devono prendere le debite distanze, senza per questo rinnegare ciò che siamo consapevolmente diventati e gli strumenti che ormai fanno parte di larga parte (scusate la ripetizione) del nostro vivere quotidiano. 🙂


  • Super User

    Rimango sempre perplesso difronte a queste "cure". E' come se la società avesse paura di qualcosa che non riesce a comprendere pienamente (Internet) e cercasse di allontanarlo da se stessi e dagli altri il più possibile. Non bisogna vedere il mondo in bianco e nero, ogni cosa, in eccesso, fa male. Specialmente sulla tecnologia non si può essere generici, visto che, come ha detto Leonov, un computer fa praticamente tutto, non si può dire che il computer fa male.

    Cosa si dovrebbe dire delle persone ossessionate dallo shopping? O da quelle che ormai non riescono a fare più a meno delle sigarette? Per certi versi queste dipendenze potrebbero essere peggiori dalla dipendenza da Internet, tuttavia vengono viste come "migliori"... forse perché si conoscono di più.

    Comunemente un genitore incita il proprio figlio a studiare, a apprendere e a estendere la propria conoscenza. Ma molte volte quando il figlio comincia a usare nuovi modi per farlo, allontanandosi dai metodi "classici", cominciano a sorgere i problemi.

    Ancora una volta, alla base di questo stanno, a mio parere, dei pregiudizi. Noi siamo abituati al fatto che certe cose sono giuste, mentre altre sono sbagliate in partenza. Siamo abituati al fatto che si mangia a certe ore della giornata, che non si esce dopo una certa ora e che al mare si ci va principalmente in estate. Ma esistono anche persone che preferiscono mangiare solo la mattina e a metà pomeriggio, chi trova un certo fascino nella città immersa nelle tenebre e chi trova le spiagge invernali molto migliori di quelle estive, quando sono affollate di famiglie e turisti.

    Senza considerare per un'attimo i danni fisici derivanti dall'uso prolungato di un computer (dolori, problemi agli occhi...), si può davvero dire che una relazione fisica può superare una virtuale? Internet è ancora molto giovane, e molte persone non lo usano ancora al massimo delle sue possibilità. Se ci stacchiamo per un'attimo dalle classiche idee di giusto e sbagliato, bene e male e dalle nostre idee personali guardando la cosa in modo obbiettivo, possiamo davvero dire che un certo tipo di relazione è migliore di un'altro?

    Lato negativo
    cyber-sexual addiction - sesso finalizzato solo al piacere personale con esclusione dell'altro
    cyber-relational addiction - relazioni sociali al coperto senza incontri rivelatori dell'aspetto fisico e della personalità in campo aperto
    net-compulsion - spesa al di là delle proprie disponibilità per soddisfare un consumo istantaneo
    information overload - accumulo d'informazioni in maniera reticolare senza raggiungere la definizione di un'azione
    computer addiction - simulazione eccessiva di una realtà che potrebbe rivelarsi differente.
    Lato positivo
    cyber-sexual addiction - scoperta di zone erogene
    cyber-relational addiction - superamento di problemi caratteriali, quali timidezza e apertura all'altro di nostri pensieri profondi
    net-compulsion - competitività e ricerca della vittoria per il gioco d'azzardo; raggiungimento facilitato dell'oggetto necessario per il commercio online
    information overload - acquisizione d'informazioni per la definizione di un nuovo pensiero/azione (attualmente in rete sono le più libere)
    computer addiction - simulazione della realtà per poi applicarla.

    Forse questa nuova "internet addiction" viene pensata da alcuni come una cura, un rimedio a ciò che non va nella realtà "vera". Allora, invece di eliminare il rimedio, non sarebbe meglio aggiustare quello che lo ha causato? Sempre che le cose stiano così... magari Internet diventerà una vera estensione dei rapporti persona a persona. 🙂


  • Super User

    @max0005 said:

    Cosa si dovrebbe dire delle persone ossessionate dallo shopping? O da quelle che ormai non riescono a fare più a meno delle sigarette?

    O della cocacola? :giggle:

    @max0005 said:

    Per certi versi queste dipendenze potrebbero essere peggiori dalla dipendenza da Internet, tuttavia vengono viste come "migliori"... forse perché si conoscono di più.

    Ciao max, sono daccordo, soprattutto nel focalizzare il punto sulla "dipendenza" e non sull'oggetto della dipendenza.
    Anche il voler essere a tutti i costi un non dipendente, è -in fondo- una dipendenza.
    Ma io sono dell'idea che, anche se una cosa sembra umanamente impossibile -come per l'uomo vivere al di fuori dei rapporti di dipendenza-, i passi per avvicinarvisi un po', per avere dalle cose quel leggero distacco che ti rende maggiormente attento alle stesse, siano importanti.

    @max0005 said:

    Ancora una volta, alla base di questo stanno, a mio parere, dei pregiudizi. Noi siamo abituati al fatto che certe cose sono giuste, mentre altre sono sbagliate in partenza. Siamo abituati al fatto che si mangia a certe ore della giornata, .....

    Se ci stacchiamo per un'attimo dalle classiche idee di giusto e sbagliato, bene e male e dalle nostre idee personali guardando la cosa in modo obbiettivo, possiamo davvero dire che un certo tipo di relazione è migliore di un'altro?
    .....
    Allora, invece di eliminare il rimedio, non sarebbe meglio aggiustare quello che lo ha causato? 🙂

    :sun: Si sarebbe meglio ma poche persone hanno voglia di farlo e non si possono obbligare (secono me, nemmeno convincere).


  • Super User

    Ciao Cherry,

    penso che, alla fine, tutte le dipendenze facciano male. 🙂 Sono però anche convinto che piuttosto di volere curare una dipendenza ad ogni costo, sia meglio prima chiedersi cosa l'ha causato, è probabile che curandone la causa la dipendenza sparisca "da sola" non avendo più ragione di esistere.

    Vorrei ricordare che (in genere) le dipendenze sono causate (inconsciamente) dal nostro cervello, ed è difficile che ci auto-obblighiamo a qualcosa che ci porterebbe solo dolore/frustrazione.

    :ciauz:


  • Super User

    @max0005 said:

    ed è difficile che ci auto-obblighiamo a qualcosa che ci porterebbe solo dolore/frustrazione.

    :ciauz:

    Ciao Max,
    magari fosse sempre così come scrivi :).
    Non sai come sono felice a leggere queste cose da persone giovani come te; mi fa sperare che le nuove generazioni siano più avanti, più positive, più concentrate sulla serenità piuttosto che sull'eccitazione ... ma per esperienza ti dico che non sono abituata a vedere nella realtà ciò che dici in questa frase.
    Le mie considerazioni nascono solo dall'osservazione, auspico un intervento di Marlomb e di altre persone esperte in merito, per tirare le somme (competenti) sulle dipendenze .... ma quello che ho notato è che fa molta meno paura o più gola la (una) dipendenza nota di una libertà ignota ...

    Max di la verità ... hai 80 anni e ti spacci per un diciottenne :sun:


  • Super User

    @cherryblossom said:

    Max di la verità ... hai 80 anni e ti spacci per un diciottenne :sun:

    Ho 15 anni e mi spaccio per un quindicenne... :mmm: Però questa storia convince poche persone... cosa posso fare per convincervi? 😢


  • User Attivo

    @max0005 said:

    Ciao Cherry,

    Vorrei ricordare che (in genere) le dipendenze sono causate (inconsciamente) dal nostro cervello, ed è difficile che ci auto-obblighiamo a qualcosa che ci porterebbe solo dolore/frustrazione.

    :ciauz:

    Non capisco perchè liberarci dalle dipendenze ci porterebbe solo dolore/frustrazione.

    Per quello che ne so la dipendenza deriva da un bisogno fisiologico o psicologico che può essere inconscio come il bisogno di appartenenza o conscio come la fame.

    Curare una dipendenza penso parta dal renderla conscia e quindi agire per sostituirla soddisfando il bisogno in maniera più autonoma, (p.e.: una tossicodipendenza legata a bisogno di affetto prevede una comunità che inizi a coprire il bisogno di appartenenza e dei surrogativi della droga che pian piano eliminino il bisogno fisologico/chimico).

    Alcune definizioni
    La dipendenza è una condizione in cui un soggetto effettua un comportamento ripetitivo basato su un bisogno fisiologico e/o psicologico di una sostanza, di una relazione, di un oggetto o di una persona.

    Il bisogno è la dipendenza reciproca tra una persona e l'ambiente; in quest'ambito A.Maslow ha elaborato una piramide dei bisogni:

    • Bisogni fisiologici (sete, fame, ecc.)
    • Bisogni di sicurezza (salvezza e protezione)
    • Bisogni di appartenenza (identificazione, affetto)
    • Bisogni di stima (prestigio, successo, autostima)
    • Bisogni di autorealizzazione (personalità, identità)
      ossia un uomo percepisce il bisogno numero 2 solo dopo aver soddisfatto il bisogno numero 1.

  • Super User

    @marlomb said:

    Il bisogno è la dipendenza reciproca tra una persona e l'ambiente; in quest'ambito A.Maslow ha elaborato una piramide dei bisogni:

    • Bisogni fisiologici (sete, fame, ecc.)
    • Bisogni di sicurezza (salvezza e protezione)
    • Bisogni di appartenenza (identificazione, affetto)
    • Bisogni di stima (prestigio, successo, autostima)
    • Bisogni di autorealizzazione (personalità, identità)
      ossia un uomo percepisce il bisogno numero 2 solo dopo aver soddisfatto il bisogno numero 1.

    Ciao Marlomb,
    questa è stata la base del rapporto con mio figlio, molto combattuta da chi è, invece, convinto (alla vecchia maniera) che un po' di "fame" forma il carattere e non lascia spazio ai problemi psicologici.
    Non mi dilungo per non andare fuori tema ma gran parte dell'istinto materno sperimentato ho notato che andava in questa direzione, cioè nell'assicurare risposta immediata (allattamento a richiesta, non ignorare mai il richiamo del bimbo attraverso il pianto ....) ai primi bisogni per far si che potesse andare oltre e non fermarsi ai primi step.

    Sarà un caso (io non lo penso) ma questo ha evitato ciucci, dito in bocca o copertina di linus nei primi anni. Oggi, pur essendo consapevole dei pericoli e problemi connessi con l'abuso della tecnologia come di qualsiasi cosa e, quindi, stando attenta, non mi sono -almeno per ora- dovuta confrontare con atteggiamenti di dipendenza.

    Le critiche ascoltate paventavano un futuro di mamma-dipendenza, che -a parte il fatto che ancorta qualcuno deve convincermi che l'attaccamento alla mamma sia una cosa grave o pericolosa o quanto meno più grave di altri attaccamenti- invece non si è assolutamente manifestata.
    Il bambino che si sente sicuro a casa la lascia poi (tutto per gradi) più facilmente.

    Perdonate la divagazione personale. :ciauz: