• User Newbie

    Si può lavorare in un'azienda umana?

    Forse sarà l'età che mi rende cinico, ma facciamo un piccolo esperimento? Proviamo a chiedere alle persone che conosciamo*: sei* felice del tuo lavoro e ti senti a tuo agio nella tua azienda tanto che consiglieresti ad un amico di lavorarci?
    Quanti risponderanno con un entusiastico SI?
    Eppure qualsiasi imprenditore conosce la differenza che c'è tra il lavorare con persone soddisfatte e serene in un buon clima, e persone demotivate o stressate in un clima sfiduciato o addirittura conflittuale.
    Perché, sentiamo dichiarare da più parti che le persone sono la vera leva di successo delle aziende, ma quando parliamo con loro, ci rendiamo conto che la qualità della vita lavorativa sta impoverendosi sempre più? La centralità dell'Uomo, le componenti emotive di chi lavora, la qualità delle relazioni in azienda, cedono spesso il passo al profitto, ai numeri e a rapporti formali e stereotipati.
    L'aspetto grottesco di tutto ciò è che nel perseguire il profitto e i risultati a breve termine, a scapito della qualità della vita lavorativa, si finisce nel lungo termine a compromettere quegli stessi profitti cui si mira con tanta veemenza.


  • User Attivo

    @maxtom said:

    La centralità dell'Uomo, le componenti emotive di chi lavora, la qualità delle relazioni in azienda, cedono spesso il passo al profitto, ai numeri e a rapporti formali e stereotipati.

    Per risponderti provo a guardare all'evoluzione del concetto del lavoro, dalla prima definizione nel mondo occidentale periodo preindustriale greco-ellenico:

    Il lavoro è un?attività naturale degli schiavi o dei contadini, dedicata alla produzione dei mezzi per la sopravvivenza del fisico; i signori (filosofi e guerrieri) lasciano il lavoro ai contadini e schiavi e si dedicano ad attività superiori: logica, governo e protezione

    a quella attuale del nostro periodo postindustriale (postmoderno😞

    Il lavoro è costituito da tutte le attività utili a produrre risorse od anche attività specializzata che ha come contropartita un reddito.
    Il lavoro è un diritto di tutti.

    Il nostro scopo di oggi è il Consumismo, ovvero si lavora per guadagnare ciò che permetterà di soddisfare i bisogni attuali: sussistenza, lusso e/o tempo libero. Inoltre la disocuppazione è la situazione in cui si trovano le forze lavoro prive d?impiego involontariamente o volontariamente. Disoccupazione e precarietà sono considerate normali.
    L?occupazione dipende da: capacità, mercato, stato, nascita.
    (sempre guardando indietro al periodo preindustriale greco-ellenico avevamo:
    Un disoccupato coincide con un povero.
    L?occupazione dipende dalla nascita.)

    L'idea di alcuni contemporanei è di arrivare al seguente concetto di lavoro (Dopo moderno):

    Il lavoro è una condizione essenziale per lo sviluppo della persona e per la sua appartenenza ad una società.
    Il lavoro è un diritto di tutti.
    Si lavora per ottenere ciò che permetterà di soddisfare i **propri **bisogni: sussistenza e beni relazionali: beni che possono essere fruiti solo da coloro che ne sono i produttori e fruitori, tramite le relazioni che connettono i soggetti coinvolti.

    Io spero proprio che si arrivi a quest'ultima concezione del lavoro, ma per ora la vedo applicata solo nel mondo del volontariato.

    ciao:ciauz:
    marlomb


  • User Newbie

    Le tue definizioni sono corrette ma se permetti alquanto "fredde" e non considerano che il lavoro non può essere visto solo come fattore economico o sociale, giacché le persone tramite il lavoro esprimono se stesse ovvero non solo capacità produttiva ma anche sogni, attese, speranze per non parlare di idee, creatività e tutto quanto la nostra mente riesce a generare.
    Proprio per tutto questo dovremmo impegnarci a far si che le aziende siano un pò meno "macchine" e un pò più contenitori di emozioni.


  • User Attivo

    @maxtom said:

    ... il lavoro non può essere visto solo come fattore economico o sociale, giacché le persone tramite il lavoro esprimono se stesse ovvero non solo capacità produttiva ma anche sogni, attese, speranze per non parlare di idee, creatività e tutto quanto la nostra mente riesce a generare.

    Sono d'accordo con te sono definizioni "fredde", ma fotografano bene la realtà, almeno quella voluta dai Datori di Lavoro.

    Credo, però, sia interessante l'ultima definizione:

    1)Il lavoro è una condizione essenziale per lo sviluppo della persona e per la sua appartenenza ad una società.
    2)Il lavoro è un diritto di tutti.
    3) Si lavora per ottenere ciò che permetterà di soddisfare i **propri **bisogni: sussistenza e beni relazionali: beni che possono essere fruiti solo da coloro che ne sono i produttori e fruitori, tramite le relazioni che connettono i soggetti coinvolti.

    il punto 1) credo esprima quello che di ci tu

    il punto 2) è forse il più grande progresso fatto in materia di lavoro dal 1800 ad oggi, anche se spesso non applicato e se oggi, vedi Fornero art.18 ..., vogliono limitarlo:gtsad:

    il punto3) è quello a mio parere rivoluzionario il lavoro visto come un bene relazionale, p.e.: vi è capitato di accudire una persona gravemente malata e di sentire nel vostro intimo che mentre voi aiutavate fisicamente la persona, quella aiutava voi psicologicamente e spiritualmente?, oppure banalmente la grande gratificazione che si ha di fronte all'approvazione di un lavoro ben fatto.

    In questa concezione il lavoro non è più una semplice prestazione a cui si risponde con un pagamento, ma è la realizzazione (parziale), di una persona nel fare qualcosa di utile ad un altro, il quale ti paga approvando innanzitutto e poi pagando!:sun:

    ciao:ciauz:
    marlomb